03 novembre 2011

Sulla comunicazione umana (Parte I)


Tra una grattata di chiappe e un'altra, intermezzate da qualche loffetta micidiale, stavo pensando che uno strano senso di solitudine mi accompagna fin dalla più tenera età.
Parallelamente a quando fantasticavo di essere un giocattolino nelle mani di un bambino o un bruco all'interno di una mela e tentavo di autoconvincermi dell'esistenza di dio, tendevo a raffigurarmi l'uomo come un derelitto solitario.
Un piccolo essere enigmatico. Per dirlo con le vostre patetiche parole "un universo a sé" e imperscrutabile, tale da iniziare ad avvertire per conseguenza una certa sfiducia nelle reali capacità comunicative del linguaggio umano.
Con questo non intendo riferirmi solo alla natura risaputamente ambigua delle parole.
Ai miei occhi appare abbastanza chiaro e scontato che nessuno di noi parla la stessa lingua.
Se proferisco la parola “merda” in un dato contesto non potrete mai comprendere totalmente il significato che essa ha, essendo parte del suo contenuto caricato del senso che io stessa gli conferisco a seguito delle mie esperienza di vita…significato che alcun vocabolario sarà in grado di fornirvi. Per cui è fuori da ogni dubbio che la mia “merda” o quella di Guglielmina, Rosalino, Filomena da Trepalle, per quanto similare, sarà diversa dalla “merda” di qualsiasi altra persona. 
Analogamente, quando sentirò proferire la parola “merda” la riempirò del significato mio proprio…tale da falsare, seppur in minima parte, il senso di quello che ho ascoltato.
Se anche volessimo e suppongo lo vorremmo tutti, la comprensione tra di noi, di ogni altrui discorso, non può che essere parziale e perciò (relativamente) superficiale.
Oh teneri cacamerda, non temete, la distanza che intercorre tra voi e il vostro puccissimo principe azzurro o la vostra divinizzata amichetta del cuore, non è poi così profonda come appare da queste parole…ma
chi di voi non si è sentito solo, non capito, almeno una volta nella vita? Bene, ora sapete a cosa imputare la colpa…a parte attribuirla eventualmente a quelle teste di cazzo da cui uno può essere circondato, intendo.
Tale equivocità, ad ogni modo, per me concerne anche i fatti, per cui provo a star lontana tanto dal leccare automaticamente il buco del culo di una persona solo perché ha commesso un’azione apprezzabile, tanto dall'infierire con sputi venefici solo perché ne ha commesso una biasimabile…avendo per me enorme importanza (certo però non decisiva -con le dovute eccezioni-) l’intenzione che sottende l’azione.
Tutto questo discorso mal espresso ne apre automaticamente un altro che, pur smorzando indegnamente tale post, rimando a tempi futuri per non sovraccaricare troppo i vostri neuroni…o semplicemente perché ora ho voglia di farmi un ditalino. 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.